Mongolia, provincia di Arkhangai. Erdena Tuya trascina una pecora uccisa dallo Dzud, il rigido inverno mongolo, nel piccolo cimitero vicino alla loro gher. Il gelo, negli ultimi tre anni, ha ucciso metà delle sue duemila pecore.
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Mongolia, provincia di Arkhangai. Una gher recentemente abbandonata da una famiglia di pastori. Solo nel 2010, durante uno degli inverni più rigidi, oltre otto milioni di capi di bestiame sono morti e circa ventimila pastori non hanno avuto altra scelta se non quella di emigrare verso la capitale Ulan Bator.
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Mongolia, provincia di Arkhangai. Erdene Tuya con il figlio di tre anni nella loro gher. Questa famiglia vive in condizioni estreme, combattendo ogni giorno contro lo Dzud, il rigido inverno mongolo; lentamente si stanno avvicinando alla capitale Ulan Bator, alla ricerca di luoghi più caldi per mantenere in vita il proprio gregge.
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Mongolia, Ulan Bator. Il pastore Gaanbaatar culla il figlio nella sua gher. Ha deciso di trasferirsi in città dalla provincia del Gobi Altai dopo che un rigido inverno ha ucciso tutte le sue trecento pecore.
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Mongolia, provincia di Arkhangai. Lì vive la famiglia Tsamba con il suo gregge. Nel giro di pochi giorni, a causa del freddo, hanno perso una ventina di pecore.
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Mongolia, Ulan Bator. Alcune tende di pastori a pochi passi dagli enormi complessi residenziali della capitale. La popolazione di Ulan Bator negli ultimi venti anni è raddoppiata.
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Mongolia, Ulan Bator. Molti migranti ambientali trovano la loro prima occupazione nella discarica della capitale; qui cercano rottami da rivendere per pochi soldi.
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Mongolia, Ulan Bator. La famiglia Jigjjav è emigrata a Ulan Bator dopo che tutte le loro pecore sono morte a causa dello Dzud, il rigido inverno mongolo. Oggi vivono in cinque, in un sottoscala, con il solo stipendio della moglie che lavora come donne delle pulizie.
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Mongolia, Ulan Bator. Alle spalle di un ubriaco il Gher district, un quartiere che prende il nome dalla tradizionale tenda mongola che i pastori che abbandonano la campagna portano con sé come unico bene rimasto.
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Mongolia. Un paesaggio nella provincia di Arkhangai.
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Kenya, regione del Turkana. Una fossa comune dove sono seppellite centinaia di persone vittime degli scontri tribali per il controllo delle piccole risorse idriche della zona. Nella croce, la scritta “28 people” indica il numero di persone uccise durante un singolo attacco.
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Kenya, regione del Turkana. Loduung Elimlin è un pastore combattente della tribù dei Turkana; è stato coinvolto in molti scontri armati con la tribù avversaria dei Pokot ed è stato ferito diverse volte al braccio e alla mano. Le tribù dei Turkana e dei Pokot si contendono i pochi pascoli e le riserve idriche della zona.
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Confine tra Kenya ed Etiopia. Un pastore della tribù dei Marille scuoia una mucca morta per mancanza d’acqua e cibo; il manto gli servirà come giaciglio.
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Confine tra Kenya ed Etiopia. Nel villaggio di Seis gli abitanti sono stremati dalla continua mancanza d’acqua e di piogge; in queste zone, negli ultimi due anni, ha piovuto una sola volta.
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Kenya, regione del Turkana. Un pozzo che si sta prosciugando in una zona già completamente desertica; quest’acqua è la sola riserva per migliaia di persone dei villaggi circostanti.
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Kenya, Nairobi. Rose con due dei suoi sei bambini fotografata nella baracca di lamiera dove vive nello slum di Kibera, il più grande di Nairobi. Rose è emigrata dalla regione del Turkana verso Nairobi, per sfuggire dalle continue siccità e per paura che i suoi figli potessero morire coinvolti negli scontri tribali.
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Kenya, regione del Turkana. Un paesaggio desertico attraversato dai segni di un veicolo. Il Turkana è la più vasta area desertica del Kenya, qui manca tutto: strade, elettricità, cibo e acqua. Gli scontri armati tra le diverse tribù per il controllo delle risorse idriche stanno spingendo molte persone ad emigrare verso Nairobi.
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Kenya, Nairobi. Lo slum di Mathare, dove vivono circa cinquecentomila persone. Qui trovano rifugio molti migranti ambientali che abbandonano la campagna in cerca di un futuro migliore in città.
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Kenya, Nairobi. Scena di vita quotidiana nello slum di Kibera, dove circa un milione di persone vive in baracche di lamiera. Nella foto un giovane esce da una sala giochi.
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Kenya, Nairobi. Sharon pensierosa nella sua baracca di lamiera a Kibera, il più grande slum di Nairobi. Sharon ha abbandonato il suo villaggio nella provincia di Nyanza perché la siccità non le ha più permesso di vivere di agricoltura; oggi lavora come parrucchiera a domicilio.
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Kenya, Nairobi. Scena di vita quotidiana a Kibera, il più grande slum della città. Qui arrivano molti dei migranti ambientali in fuga delle estreme condizioni climatiche e dalla siccità del Nord del paese.
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Kenya, provincia del Turkana. Edipo, un pastore di 23 anni appartenente alla tribù dei Turkana è stato ferito ad un ginocchio, durante uno scontro armato con la tribù dei Pokot. Edipo rimarrà storpio a vita.
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Confine tra Kenya ed Etiopia. Gli abitanti del villaggio di Seis stanno soffrendo una forte carestia. Per allontanare le mosche e l’odore acre delle carcasse degli animali morti per sete e fame, fanno fumo bruciando sterpaglie.
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Kenya, Nairobi. Pamela fotografata nella sua casa di fango a Kibera, il più grande slum di Nairobi. È arrivata dal villaggio di Migori, dove viveva di agricoltura, ma che ha dovuto abbandonare a causa della siccità. A Nairobi si guadagna da vivere con lavori saltuari e da sola mantiene i suoi tre figli: il marito è stato ucciso durante una manifestazione di piazza.
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Kenya, Nairobi. Lo slum di Kibera è uno dei più grandi di tutta l’Africa: qui vivono circa un milione di persone. Secondo una ricerca di UN Habitat, il 74% dei migranti ambientali che vivono negli slum di Nairobi è arrivato negli ultimi vent'anni.
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Bangladesh, Dhaka. Abdul, 17 anni, sta riposando. Vive insieme alla sua famiglia in una baracca nello slum di Baunia. Hanno deciso di migrare a Dhaka nel 2010, dopo che il fiume Meghna è esondato sommergendo il loro villaggio nella zona di Chandpur.
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Bangladesh, Dhaka. Veduta dello slum di Kawran, dove lungo i binari della ferrovia e in condizioni igieniche disumane vivono migliaia di persone.
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Bangladesh, Satkhira district. Il signor Anisuzzam, insieme ai figli, osserva l’acqua che lambisce l’ingresso della sua abitazione nel villaggio di Debnagar. Qui, negli ultimi nove anni, il fiume è esondato per cinque mesi l’anno.
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Bangladesh, Delta del Gange. La forza delle acque del fiume Meghna ha eroso i quasi completamente l’isola di Bongor, costringendo molti isolani ad emigrare. Gli scienziati prevedono che il mare sommergerà il 17% del paese nei prossimi quarant'anni, e diciotto milioni di persone saranno costrette ad emigrare.
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Bangladesh, Dhaka. Nomataz Begun fotografata fuori dalla sua baracca mentre prepara il pranzo, a pochi centimetri da un treno in transito. È emigrata con la sua famiglia nello slum di Kawran Bazar, dopo che la sua casa è stata distrutta dalle acque del fiume Konkso.
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Bangladesh, Dhaka. È molto frequente imbattersi in venditori di canne di bamboo, perché questi tronchi sono utilizzati nell’edilizia come base per i ponteggi; ogni giorno partono i lavori per costruire nuovi edifici; Dhaka è considerata la città che si sta espandendo più velocemente al mondo.
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Bangladesh, Dhaka. All’interno di Korail, il più grande slum di Dhaka; sullo sfondo i palazzi del quartiere Gulshan, una delle zone più ricche della capitale. Dhaka è considerata la città che cresce più velocemente nel mondo. La capitale del Bangladesh ha una popolazione di quattordici milioni di persone, destinate a diventare cinquanta milioni nel 2050; in città arrivano oltre 300.000 nuovi immigrati ogni anno.
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Bangladesh, Dhaka. Golape, 22 anni, fotografata con suo figlio nello slum di Kawran. Si è trasferita a Dhaka dopo che la sua casa è stata sommersa dalle acque del fiume Konkso.
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Bangladesh, Delta del Gange. Alcuni allevatori di bovini tagliano per i loro animali l’erba rimasta sull’isola di Gazura, recentemente sommersa dal fiume Meghna. Gli scienziati prevedono che il mare sommergerà il 17% del Paese nei prossimi quarant'anni, e diciotto milioni di persone saranno costrette ad emigrare.
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Bangladesh, Dhaka. La capitale del Bangladesh è considerata la città che cresce più velocemente nel mondo. Dhaka ha una popolazione di quattordici milioni di persone, destinate a diventare cinquanta milioni nel 2050; in città arrivano oltre 300.000 nuovi immigrati ogni anno, molti dei quali migranti ambientali.
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Mongolia, provincia di Arkhangai. Erdena Tuya trascina una pecora uccisa dallo Dzud, il rigido inverno mongolo, nel piccolo cimitero vicino alla loro gher. Il gelo, negli ultimi tre anni, ha ucciso metà delle sue duemila pecore.
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Mongolia, provincia di Arkhangai. Una gher recentemente abbandonata da una famiglia di pastori. Solo nel 2010, durante uno degli inverni più rigidi, oltre otto milioni di capi di bestiame sono morti e circa ventimila pastori non hanno avuto altra scelta se non quella di emigrare verso la capitale Ulan Bator.
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Mongolia, provincia di Arkhangai. Erdene Tuya con il figlio di tre anni nella loro gher. Questa famiglia vive in condizioni estreme, combattendo ogni giorno contro lo Dzud, il rigido inverno mongolo; lentamente si stanno avvicinando alla capitale Ulan Bator, alla ricerca di luoghi più caldi per mantenere in vita il proprio gregge.
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Mongolia, Ulan Bator. Il pastore Gaanbaatar culla il figlio nella sua gher. Ha deciso di trasferirsi in città dalla provincia del Gobi Altai dopo che un rigido inverno ha ucciso tutte le sue trecento pecore.
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Mongolia, provincia di Arkhangai. Lì vive la famiglia Tsamba con il suo gregge. Nel giro di pochi giorni, a causa del freddo, hanno perso una ventina di pecore.
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Mongolia, Ulan Bator. Alcune tende di pastori a pochi passi dagli enormi complessi residenziali della capitale. La popolazione di Ulan Bator negli ultimi venti anni è raddoppiata.
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Mongolia, Ulan Bator. Molti migranti ambientali trovano la loro prima occupazione nella discarica della capitale; qui cercano rottami da rivendere per pochi soldi.
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Mongolia, Ulan Bator. La famiglia Jigjjav è emigrata a Ulan Bator dopo che tutte le loro pecore sono morte a causa dello Dzud, il rigido inverno mongolo. Oggi vivono in cinque, in un sottoscala, con il solo stipendio della moglie che lavora come donne delle pulizie.
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Mongolia, Ulan Bator. Alle spalle di un ubriaco il Gher district, un quartiere che prende il nome dalla tradizionale tenda mongola che i pastori che abbandonano la campagna portano con sé come unico bene rimasto.
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Mongolia. Un paesaggio nella provincia di Arkhangai.
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Kenya, regione del Turkana. Una fossa comune dove sono seppellite centinaia di persone vittime degli scontri tribali per il controllo delle piccole risorse idriche della zona. Nella croce, la scritta “28 people” indica il numero di persone uccise durante un singolo attacco.
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Kenya, regione del Turkana. Loduung Elimlin è un pastore combattente della tribù dei Turkana; è stato coinvolto in molti scontri armati con la tribù avversaria dei Pokot ed è stato ferito diverse volte al braccio e alla mano. Le tribù dei Turkana e dei Pokot si contendono i pochi pascoli e le riserve idriche della zona.
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Confine tra Kenya ed Etiopia. Un pastore della tribù dei Marille scuoia una mucca morta per mancanza d’acqua e cibo; il manto gli servirà come giaciglio.
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Confine tra Kenya ed Etiopia. Nel villaggio di Seis gli abitanti sono stremati dalla continua mancanza d’acqua e di piogge; in queste zone, negli ultimi due anni, ha piovuto una sola volta.
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Kenya, regione del Turkana. Un pozzo che si sta prosciugando in una zona già completamente desertica; quest’acqua è la sola riserva per migliaia di persone dei villaggi circostanti.
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Kenya, Nairobi. Rose con due dei suoi sei bambini fotografata nella baracca di lamiera dove vive nello slum di Kibera, il più grande di Nairobi. Rose è emigrata dalla regione del Turkana verso Nairobi, per sfuggire dalle continue siccità e per paura che i suoi figli potessero morire coinvolti negli scontri tribali.
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Kenya, regione del Turkana. Un paesaggio desertico attraversato dai segni di un veicolo. Il Turkana è la più vasta area desertica del Kenya, qui manca tutto: strade, elettricità, cibo e acqua. Gli scontri armati tra le diverse tribù per il controllo delle risorse idriche stanno spingendo molte persone ad emigrare verso Nairobi.
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Kenya, Nairobi. Lo slum di Mathare, dove vivono circa cinquecentomila persone. Qui trovano rifugio molti migranti ambientali che abbandonano la campagna in cerca di un futuro migliore in città.
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Kenya, Nairobi. Scena di vita quotidiana nello slum di Kibera, dove circa un milione di persone vive in baracche di lamiera. Nella foto un giovane esce da una sala giochi.
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Kenya, Nairobi. Sharon pensierosa nella sua baracca di lamiera a Kibera, il più grande slum di Nairobi. Sharon ha abbandonato il suo villaggio nella provincia di Nyanza perché la siccità non le ha più permesso di vivere di agricoltura; oggi lavora come parrucchiera a domicilio.
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Kenya, Nairobi. Scena di vita quotidiana a Kibera, il più grande slum della città. Qui arrivano molti dei migranti ambientali in fuga delle estreme condizioni climatiche e dalla siccità del Nord del paese.
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Kenya, provincia del Turkana. Edipo, un pastore di 23 anni appartenente alla tribù dei Turkana è stato ferito ad un ginocchio, durante uno scontro armato con la tribù dei Pokot. Edipo rimarrà storpio a vita.
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Confine tra Kenya ed Etiopia. Gli abitanti del villaggio di Seis stanno soffrendo una forte carestia. Per allontanare le mosche e l’odore acre delle carcasse degli animali morti per sete e fame, fanno fumo bruciando sterpaglie.
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Kenya, Nairobi. Pamela fotografata nella sua casa di fango a Kibera, il più grande slum di Nairobi. È arrivata dal villaggio di Migori, dove viveva di agricoltura, ma che ha dovuto abbandonare a causa della siccità. A Nairobi si guadagna da vivere con lavori saltuari e da sola mantiene i suoi tre figli: il marito è stato ucciso durante una manifestazione di piazza.
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Kenya, Nairobi. Lo slum di Kibera è uno dei più grandi di tutta l’Africa: qui vivono circa un milione di persone. Secondo una ricerca di UN Habitat, il 74% dei migranti ambientali che vivono negli slum di Nairobi è arrivato negli ultimi vent'anni.
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Bangladesh, Dhaka. Abdul, 17 anni, sta riposando. Vive insieme alla sua famiglia in una baracca nello slum di Baunia. Hanno deciso di migrare a Dhaka nel 2010, dopo che il fiume Meghna è esondato sommergendo il loro villaggio nella zona di Chandpur.
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Bangladesh, Dhaka. Veduta dello slum di Kawran, dove lungo i binari della ferrovia e in condizioni igieniche disumane vivono migliaia di persone.
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Bangladesh, Satkhira district. Il signor Anisuzzam, insieme ai figli, osserva l’acqua che lambisce l’ingresso della sua abitazione nel villaggio di Debnagar. Qui, negli ultimi nove anni, il fiume è esondato per cinque mesi l’anno.
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Bangladesh, Delta del Gange. La forza delle acque del fiume Meghna ha eroso i quasi completamente l’isola di Bongor, costringendo molti isolani ad emigrare. Gli scienziati prevedono che il mare sommergerà il 17% del paese nei prossimi quarant'anni, e diciotto milioni di persone saranno costrette ad emigrare.
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Bangladesh, Dhaka. Nomataz Begun fotografata fuori dalla sua baracca mentre prepara il pranzo, a pochi centimetri da un treno in transito. È emigrata con la sua famiglia nello slum di Kawran Bazar, dopo che la sua casa è stata distrutta dalle acque del fiume Konkso.
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Bangladesh, Dhaka. È molto frequente imbattersi in venditori di canne di bamboo, perché questi tronchi sono utilizzati nell’edilizia come base per i ponteggi; ogni giorno partono i lavori per costruire nuovi edifici; Dhaka è considerata la città che si sta espandendo più velocemente al mondo.
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Bangladesh, Dhaka. All’interno di Korail, il più grande slum di Dhaka; sullo sfondo i palazzi del quartiere Gulshan, una delle zone più ricche della capitale. Dhaka è considerata la città che cresce più velocemente nel mondo. La capitale del Bangladesh ha una popolazione di quattordici milioni di persone, destinate a diventare cinquanta milioni nel 2050; in città arrivano oltre 300.000 nuovi immigrati ogni anno.
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Bangladesh, Dhaka. Golape, 22 anni, fotografata con suo figlio nello slum di Kawran. Si è trasferita a Dhaka dopo che la sua casa è stata sommersa dalle acque del fiume Konkso.
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Bangladesh, Delta del Gange. Alcuni allevatori di bovini tagliano per i loro animali l’erba rimasta sull’isola di Gazura, recentemente sommersa dal fiume Meghna. Gli scienziati prevedono che il mare sommergerà il 17% del Paese nei prossimi quarant'anni, e diciotto milioni di persone saranno costrette ad emigrare.
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Bangladesh, Dhaka. La capitale del Bangladesh è considerata la città che cresce più velocemente nel mondo. Dhaka ha una popolazione di quattordici milioni di persone, destinate a diventare cinquanta milioni nel 2050; in città arrivano oltre 300.000 nuovi immigrati ogni anno, molti dei quali migranti ambientali.
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